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  • Delia Prete

Terremoto in Turchia: cosa succede alla crosta terrestre?

Due enormi fratture nella crosta terrestre si sono aperte vicino al confine turco-siriano, come conseguenza delle due potenti scosse di terremoto che hanno distrutto la regione lo scorso 6 febbraio.

La più lunga delle due rotture si estende per circa 300 chilometri in direzione nord-est, dalla punta nord-orientale del Mar Mediterraneo. La prima frattura crostale è stata creata dal primo dei due maggiori terremoti che hanno colpito la regione, il più potente, di magnitudo 7,8. La seconda faglia, lunga 125 km, si è aperta durante il secondo terremoto di magnitudo 7,5, circa nove ore dopo.

L’esperto geologo Tim Wright ha inoltre affermato: «Queste due fessure sono insolitamente lunghe, a testimonianza dell'enorme quantità di energia scatenata dai terremoti. Più grande è il terremoto, più grande è la faglia che si muove», ha spiegato Wright. «Quella turca è una delle più lunghe mai registrate dopo un terremoto sui continenti. È anche molto insolito che due terremoti così grandi si verifichino a poche ore l'uno dall'altro».

Ma perché la turchia è un territorio fortemente a pericolo sismico?

Ciò è dovuto al fatto che la placca araba che si trova a sud della Turchia si sta muovendo invece verso nord-nord-est ad una velocità di circa 24 millimetri all'anno e, mentre a nord del Golfo Perisco si infila sotto l'Eurasia, lungo la faglia anatolica orientale la placca crea un movimento di scivolamento.

Lo scivolamento non avviene di continuo, ma si verifica solo quando le forze in gioco si accumulano in grandi quantità lungo la frattura e ad un certo punto questa le rilascia improvvisamente.

A subirne le conseguenze sono uomini, donne e tanti bambini turchi e siriani ancora oggi intrappolati sotto le macerie crollate. E’ importante che i governi europei e non europei si muovano per ridefinire le zone a grave pericolo sismico e mettano in atto piani per prevenire catastrofi.

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